sabato 11 giugno 2011

la vita è fatta male

Cara Elena,

«Ho avuto poco tempo e l'ho impiegato male». Comincio a credere che sia questo quello che si pensa più frequentemente quando perdiamo qualcuno che amiamo. Naturalmente il tuo caso non conta, non ho avuto nemmeno il tempo di conoscerti, e la trasmissione a me del tuo ricordo è stata affidata ad un paio di foto e racconti brevi come istantanee. È una sensazione inspiegabile, come di infinita nostalgia per un posto nel quale sai di non poter mai più tornare. Perché le persone sono come luoghi da visitare, e forse che non suonerebbe strano sapere di non poter più visitare una città, poiché essa non esiste più?
Mia cara Elena, non è come ho sentito dire da una vecchietta, che la vita è «fatta male», in un vano quanto maldestro tentativo consolatorio. Il fatto che la vita abbia un termine è invece un magnifico sprone a renderla degna di essere percorsa, un incoraggiamento a non sprecare mai nemmeno una possibilità, assaporare ogni secondo, persino gli attimi pregni del più profondo dolore (che più di ogni altra sensazione ci ricorda che siamo ancora vivi). 
Non so come hai vissuto tu, conosco soltanto la maniera in cui te ne sei andata, ma qualcosa mi dice che eri del mio stesso avviso, buon sangue non mente. È per questo che ho scritto a te ed a nessun altro, perché il volto dipinto in una di quelle due foto mi ha suggerito che saresti stata l'unica a capire davvero.
Ti abbraccio.

Tuo,
Riccardo